Pneumatici e Reti Neurali – Pt1

La più importante incognita nella simulazione è lo pneumatico.

Il problema è come il famoso elefante nella stanza: è impossibile non notarlo, ma tutti fanno finta che non sia lì.

Tutti, nessuno escluso, dalla F1 in giù, devono invece provare a decifrare, interpretare, comprendere ed infine capire come virtualizzare questo oggetto rotondo e nero che è lo pneumatico. 

Pneumatico che è in realtà un sistema iper-complesso in cui processi chimici e meccanici interconnessi generano forze che sono fondamentali per il comportamento di tutti i veicoli.

Negli ultimi due anni Megaride, azienda startup dell’Università di Napoli Federico II, sta decifrando meglio di chiunque altro lo pneumatico ed i suoi comportamenti; i numerosi riconoscimenti a livello mondiale ed i clienti di altissimo livello che a loro si affidano evidenziano la bontà della loro ricerca e dei loro prodotti.

Megaride e Skydrive hanno un ottimo rapporto di collaborazione: è a loro che ci rivolgiamo ogni qualvolta dobbiamo risolvere quesiti sugli pneumatici e per avere dati affidabili sulla reale struttura dello pneumatico.

Tuttavia, per “costruire” uno pneumatico virtuale che si comporti come quello reale i passaggi non sono affatto scontati perché riuscire a tradurre i dati ricavati dallo pneumatico reale in un modello in grado di girare nel nostro sistema di simulazione è estremamente complicato.

Il sistema-pneumatico è così complesso che nell’ultimo anno Skydrive ha optato per approfondire l’utilizzo di un nuovo strumento di calcolo per riuscire nell’impresa: nientemeno che l’Intelligenza Artificiale!

PNEUMATICO REALE

Lo pneumatico nel mondo reale è comunemente descritto attraverso la famosa “Magic Formula” del professor Hans B. Pacejka, ossia un modello matematico caratterizzato da vari coefficienti per ogni forza e momento e che raccoglie tutti i dati provenienti da test dinamici. Tutti questi elementi sono poi solitamente sintetizzati in un file denominato .TIR.

Grazie ai coefficienti della Magic Formula possiamo ricavare equazioni che permettono di calcolare quanta forza viene generata in funzione di un determinato carico al variare degli angoli caratteristici. 

Semplificando, per sapere come si comporta un dato pneumatico, il costruttore dello stesso dovrebbe fornirci uno o più file .tir mediante i quali sapremmo ricavarci le sue capacità di aderenza ed i suoi comportamenti.

Ma qui incontriamo il primo ostacolo.

Mentre il costruttore del vostro veicolo da competizione vi fornirà tutte (o quasi) le informazioni tecniche e prestazionali di ogni componente, il costruttore di pneumatici non vi dirà un tubo!

Per ragioni legate alla riservatezza (o, a voler esser maliziosi, legate a mantenere l’egemonia nel mercato), nessun costruttore di pneumatici svela mai le caratteristiche costruttive e prestazionali del proprio prodotto.

In un settore dove pochissimi produttori (circa 12 aziende in tutto il globo) hanno tecnologie e prodotti che vendono a tutti in tutto il mondo, non vi è alcun interesse nel divulgare le proprie proprietà intellettuali. Per questo, fin dal tempo in cui il veterinario John Dunlop inventò il primo pneumatico nel lontano 1888, le varie Bridgestone, Goodyear, Michelin, ecc… monopolizzano un mercato che da 133 anni fornisce dallo scooter alla Motogp, dalla Panda alla F1, dalla Cessna alla Boeing senza divulgare niente!  

È qui che entra in gioco la fenomenale capacità di Megaride.

Dal momento che il costruttore non fornisce le caratteristiche dello pneumatico bisogna trovare il modo di ricavarle. Con i loro laboratori per le prove sperimentali, eseguendo analisi e test dinamici, tramite programmi innovativi hanno trovato il modo di farlo e ci potranno fornire tutte le caratteristiche del nostro pneumatico reale.

Abbiamo risolto il primo problema, sotto col prossimo.

PNEUMATICO VIRTUALE

Diamo quindi per assunto di avere un file .tir che descrive lo pneumatico: non rimane che creare lo stesso pneumatico nel mio ambiente di simulazione. 

Facile a dirsi, quasi impossibile a farsi. Quasi. 

Innanzitutto il modello di pneumatico dell’ambiente di simulazione non può funzionare con i dati del .tir, perché è frutto di una traduzione reale/virtuale che ha caratteristiche sistemiche proprie. Dovremo quindi costruire un modello di pneumatico secondo le logiche dell’ambiente di simulazione e descriverne le caratteristiche in modo che abbia le stesse prestazioni dello pneumatico reale.

Quindi: abbiamo un oggetto fisico che, sollecitato in un certo modo, genera certe reazioni che registriamo in un file .tir.

Dobbiamo creare un oggetto virtuale, descritto matematicamente secondo un sistema completamente diverso, che, sollecitato allo stesso modo, generi le stesse reazioni di quello reale.

Esistono programmi, come Matlab o altri, che ci mettono a disposizione un ambiente di calcolo con migliaia di librerie appositamente sviluppate per i più disparati settori: calcoli strutturali, idrodinamici, statistici… insomma, grazie alle matrici e alle sue innumerevoli funzioni possiamo elaborare algoritmi ad hoc per qualsiasi esigenza.

Con questi programmi possiamo “costruire” un oggetto virtuale che abbia delle caratteristiche specifiche, come il nostro pneumatico, e che ci restituisca degli output per ogni nostro input secondo delle regole stabilite. 

È davvero come se, idealmente, costruissimo uno pneumatico e lo mettessimo su di un test bench (o banco dinamico) per misurarne le prestazioni.

Quindi, teoricamente, possiamo “costruire” il nostro oggetto descrivendone le caratteristiche fisiche, sollecitarlo inviandogli degli input come in pista e vedere quale tipo di output ci fornirà, quali prestazioni.

Prestazioni che potremo poi confrontare con quelle generate dal file .tir.

A questo punto il processo è quello del reverse engineering, ossia modifichiamo le caratteristiche del pneumatico virtuale finché gli output saranno esattamente quelli che abbiamo ottenuto dal pneumatico reale.

Alla modifica di ogni variabile eseguo un test (ad esempio in Mathlab) e comparo i risultati con quelli generati dallo pneumatico reale a pari condizioni.

E qui insorge un altro, enorme problema che è il cuore della questione.

Anche considerando solo le 16 variabili principali dello pneumatico (come, ad esempio, rigidezza, inerzia, damping…), per ottenere dei risultati accettabili è necessario eseguire un numero di test matematici nell’ordine di 1016.

Qualora volessimo aggiungere una variabile dovremmo aggiungere un elemento alla matrice di calcolo, elevando il numero dei test di una potenza; le variabili disponibili sono 36, portando, idealmente, il numero dei test nell’ordine di 1032.

Anche mettendoci molta buona volontà, ci vorrebbero decine di anni per evadere questo tipo di calcoli con i normali strumenti. Oppure computer dall’enorme potenza di calcolo, grandi come il soggiorno di casa e costosi come una Space X.

In Skydrive, dopo un’approfondita analisi del problema e delle possibilità di calcolo ad oggi esistenti, abbiamo deciso di utilizzare l’approccio black-box modeling technique”, ovvero una tecnica di modellazione del calcolo sviluppata nell’ambito delle Reti Neurali.

Ecco che finalmente entra in gioco la nostra Intelligenza Artificiale!

COS’È UNA RETE NEURALE

Una Rete Neurale Artificiale, o Artificial Neural Network (ANN), è, tecnicamente, una tipologia di Machine Learning, che è a sua volta una branca dell’Intelligenza Artificiale.

Imitando quello che fa una rete neurale biologica, una Rete Neurale Artificiale è in grado di imparare tramite l’acquisizione di una grande mole di dati, di trovare in essa degli schemi ricorrenti, di dividerli secondo delle caratteristiche e di ordinarli in gerarchie. In questo modo si rende capace di risolvere compiti estremamente complessi.

La tecnica scelta da Skydrive, quella denominata black-box, è una modalità per costruire un modello di un sistema (come quello dello pneumatico) partendo dall’analisi di come questo sistema risponde a degli input. In pratica la Rete ricostruisce la relazione tra input e output partendo proprio dai dati, senza quindi usare nessuna equazione. 

Il termine black-box indica proprio questo: non importa sapere quello che c’è dentro alla scatola, ma solo quello che entra (input) e quello che ne esce (output). La Rete Neurale si occuperà di ricostruire questa relazione. I vantaggi di questo approccio sono che una Rete Neurale riesce a gestire sistemi molto complessi e non lineari non conoscendone a priori la struttura e a gestire una grossa mole di dati.

Tutto questo coincide perfettamente con il problema dello pneumatico: un sistema molto complesso, con molte variabili, e altrettante incognite.

 

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